Definizione
Fra i fattori che condizionano la prognosi infausta delle neoplasie
maligne, particolare importanza riveste la metastatizzazione,
cioè il processo con il quale una neoplasia si impianta
in sedi diverse dal focolaio primitivo attraverso il circolo vascolare.
Il fegato per la sua elevata vascolarizzazione e per la sua struttura
di “filtro”, è frequente sede di metastasi,
soprattutto a partenza dalle neoplasie del tratto gastroenterico
perché il sangue di tali organi arriva al fegato attraverso
il sistema venoso portale, che vascolarizza appunto il fegato.
Le metastasi possono essere singole o multiple, localizzate solo
al fegato o ad altri organi (linfonodi, polmoni, …) e presentano
dimensioni variabili tra i pochi millimetri fino ad interessare
tutto il parenchima epatico e ad infiltrarne le strutture vascolari.
Sintomi
Nelle fasi iniziali, in cui il convolgimento epatico è
minimo, le metastasi possono essere del tutto asintomatiche e
spesso le metastasi vengono evidenziate solo grazie ai programmi
di follow-up che i pazienti effettuano dopo il riscontro della
neoplasia primitiva. Talvolta, sarà il riscontro della
sospetta lesione metastatica a promuovere accertamenti atti ad
identificare una neoplasia primitiva occulta. Clinicamente, i
sintomi e i segni della metastatizzazione epatica sono legati
al coinvolgimento epatico e sono spesso aspecifici; sintomi di
allarme sono: astenia, febbricola, inappetenza e calo ponderale,
dolore sordo in epigastrio e fianco dx, ittero, distensione addominale
(in relazione alla formazione di versamento ascetico), comparsa
di masse palpabili.
Diagnosi
• Esami del sangue: markers tumorali sierici (CEA,
CA 19.9, CA 15.3, CA 125, ….), indici di colestasi
• Ecografia: grazie alle sue caratteristiche di
non invasività, ripetibilità ed economicità,
rappresenta l’esame di elezione per il follow-up del paziente
neoplastico e per la diagnosi precoce delle metastasi epatiche.
L’aspetto ecografico delle metastasi epatiche è quanto
mai vario potendosi presentare con aspetto ipoecogeno, iperecogeno,
isoecogeno, o a struttura mista con aree interne anecogene in
rapporto a fenomeni necrotico-colliquativi. Le metastasi isoecogene
sono rare e difficili da diagnosticare, se non mostrano un alone
ipoecogeno o determinano una dislocazione dei vasi; quest’ultima
caratteristica può essere evidenziata mediante l’utilizzo
del color o del power Doppler. I tumori del tratto gastroenterico
danno caratteristicamente metastasi iperecogene; talora il fegato
è sede di metastatizzazione massiva ed assume un aspetto
simile a quello del fegato cirrotico.
• Ecografia con mezzo di contrasto: in funzione
della loro vascolarizazione, le metastasi possono apparire nella
fase iniziale omogeneamente iperecogene o isoecogene con anello
iperecogeno periferico; nelle fasi successive tendono a diventare
marcatamente ipoecogene.
• TC con mezzo di contrasto: rappresenta, a tutt’oggi
il “gold standard”, soprattutto se eseguita con la
tecnica "spirale", permette di definire con precisione
il numero delle lesioni presenti ed i loro rapporti con le strutture
vascolari. Le metastasi appaiono come lesioni ipodense; quelle
da colon-retto dimostrano un’ampia regione centrale avascolare,
con iperaccumulo periferico del mezzo di contrasto in periferia.
• RM: evidenzia la lesione metastatica come area
ipo- o normointensa in T1 ed iperintensa in T2; le aree metastatiche
non sono intensificate dopoinfusione di gadolinio
• PET (tomografia ad emissione di positroni): è
un esame molto costoso che si basa sul rilievo del metabolismo
cellulare presenti nelle cellule tumorali. Tale esame fornisce
informazioni non solo sulla sede delle localizzazioni tumorali,
ma anche sulla loro attività ed effettuato in Italia da
pochi Centri specializzati;per tale motivo è da riservarsi
a casi selezionati con particolari tipi di tumore.
• Biopsia epatica: pur non essendo necessaria nella
maggior parte dei casi come elemento di conferma della malattia,viene
utilizzataper conoscere l’istotipo tumorale in funzione
di un eventuale trattamento chemioterapico.
Terapia
La terapia delle metastasi epatiche varia in funzione del tumore
primitivo, dal numero delle metastasi, dalla sede e delle condizioni
generali del paziente.
• Chirurgia: mentre il ruolo del trapianto di fegato
è limitato ad alcune rare forme di metastasi da tumore
neuroendocrino, la chirurgia resettiva epatica rimane l’opzione
di scelta per il trattamento delle metastasi epatiche da colon-retto,
con tassi di sopravvivenza a 5 anni dall'intervento superiore
al 30%. Spesso tale opzione non è praticabile per le dimensioni,
la sede o il numero delle localizzazioni secondarie, ma tali limitazioni
sono state ridotte, effettuando la resezione in più tempi,
sfruttando la peculiare caratteristica del fegato di rigenerarsi
dopo la rimozione chirurgica di una sua parte sino a raggiungere
nuovamente il suo volume originario. La resezione viene spesso
effettuata sotto guida ecografia intra-operatoria,allo scopo di
rilevare lesioni piccole, profonde e non palpabili. Nel caso di
metastasi secondarie a tumori quali quello mammario, gastrico,
ovario, il ruolo della chirurgia è più controverso,a
cuasa della diversa storia naturale di queste neoplasie.
• Chemioterapia: è applicata secodo schemi
differenti in funzione del tipo di neoplasia primitiva ed è
somministrata per via sistemica o con infusione diretta nell’arteria
epatica attraverso particolari cateteri. La risposta ai trattamenti
è in costante crescita ma appare a tutt’oggi ancora
insoddisfacente e gravato da effetti indesiderati.
• Trattamenti percutanei: la radiofrequenza e la
laserterapia interstiziale sono trattamenti, ben tollerabili e
gravati da scarse complicanze, ed effettuabili sia per via transaddominale
ecoguidata che in sede intraoperatoria; devono essere riservati
ai pazienti non suscettibili di terapia chirurgica resettiva con
metastasi singola non superiore ai 4 cm o con non più di
3 metastasi di diametro < 3 cm.
In conclusione, poiché la sopravvivenza dei pazienti con
metastasi epatiche è determinata sia dal numero che dall’estensione
delle metastasi, è verosimile che una terapia multidisciplinare,
sinergica ed integrata chirurgica, chemioterapica ed ablativa
per cutanea consenta di incrementare il numero delle lesioni trattabili
e l’appropriatezza terapeutica per ciascuna di queste, inducendo
in tale modo un aumento della sopravvivenza. |